IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento ai sensi del
 d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito dalla legge 25 marzo 1982, n.
 94, promosso da Parbotti Walter, viale Monza, 38, Milano, conduttore,
 contro  Papetti,  Bologna  via  Caprilli,  13/A,   presso   avv.   V.
 Scalzaretto,   locatore,  per  la  nuova  fissazione  della  data  di
 esecuzione gia'  fissata  al  12  giugno  1988  nel  procedimento  di
 rilascio 15 giugno 1986 per f.l.;
    Visto   che  il  reddito  complessivo  dei  componenti  il  nucleo
 familiare del conduttore, derivante da lavoro dipendente ammonta a L.
 28.392.000, senza figli a carico;
    Considerato  che  l'art.  14,  quinto comma, lett. b), della legge
 sopra citata dispone che le norme relative alla fissazione di (nuova)
 data  di  esecuzione  per  i  provvedimenti  di  rilascio di immobili
 destinati ad uso di abitazione  non  si  applicano  "ove  il  reddito
 complessivo  dei  componenti  il  nucleo familiare del conduttore, in
 base all'ultima dichiarazione dei redditi, risultati superiore a lire
 diciottomilioni.  Non  si  tiene conto del predetto limite qualora il
 conduttore dimostri di non poter ottenere  la  disponibilita'  di  un
 alloggio  di  sua  proprieta'  per  effetto  di  un  provvedimento di
 graduazione dello sfratto emesso nei confronti del  conduttore  dello
 stesso";
    Ritenuto  non  manifestamente  infondato che le norme citate nella
 parte in cui;
      I)  escludono da tutela giurisdizionale cittadini a causa di una
 condizione personale economica (percezione di reddito superiore a  L.
 18.000.000);
      II)  non  prevedono  una  disciplina  del  limite di reddito (se
 costituzionalmente legittimo) differenziata in relazione alla:
        a) natura dello stesso reddito;
        b)  numero  dei  componenti  il nucleo familiare, risultino in
 contrasto, per violazione diretta, o  sotto  il  profilo  dell'uguale
 trattamento  di situazioni profondamente diverse, quali quelle che si
 presentano  nella  realta',   con   principi   affermati   in   norme
 costituzionali quali:
    I)  Gli  art.  3  e  24  della  Costituzione,  dei  quali potrebbe
 ravvisarsi la violazione in quanto la norma denunciata esclude  dalla
 tutela  giurisdizionale, costituita dalla valutazione del pretore sul
 differimento dell'esecuzione del rilascio, cittadini  a  causa  della
 loro   condizione   personale  economica  di  percettori  di  reddito
 superiore ad una data cifra.
    Va   osservato   che   il   principio   dell'accesso  alla  tutela
 giurisdizionale non sembra possa subire limitazioni di  sorta,  nella
 specie   dovute   al  reddito,  elemento  che  puo'  esser  preso  in
 considerazione  eventualmente  per  determinare  l'estensione   della
 tutela  accordabile nel caso concreto (differimento dell'esecuzione),
 ma non per escluderla in toto.
    La  tesi  appare  rafforzata dalla considerazione che la normativa
 denunciata concerne gli immobili ad uso abitazione, materia garantita
 alla  persona con il riconoscimento di diritti inviolabili (artt. 2 e
 14 della Costituzione).
    La  disposizione  che  ripristina  la  tutela giurisdizionale alla
 condizione che il beneficiario di reddito superiore a L.  18.000.000,
 sia,  a  sua volta, proprietario di casa e abbia in corso graduazione
 dello sfratto pronunciato a proprio favore, disposizione che  in  se'
 apparirebbe  ragionevole e opportuna, in realta' crea discriminazione
 nella tutela ancora piu' odiosa della prima, perche'  il  piu'  delle
 volte   a  favore  dei  beneficiari  di  reddito  che  ha  consentito
 l'acquisto di una abitazione, operazione possibile attualmente  molto
 piu' spesso in virtu' del livello del reddito che non della capacita'
 di risparmio  dei  percettori.  Si  appalesa  cosi',  per  altra  via
 l'irrazionalita',  l'ingiustizia  e  la  probabile  difformita' dalle
 norme costituzionali della preclusione  alla  tutela  giurisdizionale
 introdotta  con  il  limite di reddito, visto che da un in se' giusto
 correttivo ne risultano aggravati gli aspetti discriminatori.
    Appare evidente la situazione di svantaggio del beneficiario di un
 reddito di poco superiore ai 18.000.000, il  quale  probabilmente  ha
 trovato  insormontabile  la difficolta' ad acquistare un alloggio, di
 fronte a percettori di redditi anche notevolmente piu' alti, i  quali
 appunto  in  virtu'  di  tale reddito quella difficolta' hanno potuto
 superare. Il primo che non sa dove andare,  e  che  magari  non  puo'
 essere sovvenuto dalla mano pubblica, viene escluso dalla valutazione
 del giudice sulla sua situazione  e  puo'  essere  sfrattato  subito,
 quali  che  siano  le  ragioni del rilascio, i secondi, che hanno una
 prospettiva di sistemazione e, quasi sempre, maggiori  disponibilita'
 per  la  sistemazione  temporanea  nell'eventuale  periodo intermedio
 nell'esecuzione dei due sfratti (contro e a favore), godono  tuttavia
 della tutela giurisdizionale delle loro ragioni.
    II-  a)  Gli  artt.  3 e 36 della Costituzione, dei quali potrebbe
 ravvisarsi la violazione, data la radicale  diversita'  riscontrabile
 nel  sistema  fiscale  fra  l'imposizione dei redditi in relazione al
 fatto che derivino da lavoro dipendente oppure da lavoro autonomo.
    Va  tenuto presente che mentre la cifra di 18.000.000, riferita al
 reddito  "imponibile"  (la  dizione   "reddito   complessivo"   usata
 nell'art.  14,  lett.  b), della norma denunciata non puo' che essere
 integrata  con  la  dizione  "ammontare   complessivo   del   reddito
 imponibile"  usata  nel medesimo testo legislativo all'art. 10) di un
 lavoratore dipendente risulta da operazione commessa al suo datore di
 lavoro,  secondo  le  appostazioni  del  di lui bilancio, la medesima
 cifra, dichiarata da un lavoratore autonomo o da un imprenditore,  e'
 il  risultato di un computo che lo stesso interessato fa tra ricavi e
 spese.
    E' questa profonda diversita' fra le operazioni che conducono alla
 determinazione del reddito imponibile nell'uno e nell'altro caso,  ad
 assumere  rilevanza ai fini del vaglio circa la costituzionalita' del
 limite  uguale  per  tutti  i  contribuenti,  a  parte  la  risaputa,
 denunciata  in  ogni sede, anche il Governo, evasione fiscale diffusa
 in tutte le categorie di percettori di reddito da impresa o da lavoro
 autonomo.
    Al  reddito  imponibile  di  L. 18.000.000, nel caso di lavoratore
 dipendente,  senza  carico  di   famiglia,   corrisponde   un'entrata
 effettiva  di  L.  14.213.000,  che e' tutta la somma che perviene al
 lavoratore e della quale soltanto egli puo' disporre in un  anno  per
 le  necessita'  della  vita.  Ad una sola lira in piu' corrisponde un
 imponibile che non consente, alla stregua della normativa denunciata,
 la  concessione  di  alcuna  dilazione  nell'esecuzione  del rilascio
 dell'abitazione. E qui e' il caso di  osservare  che  un  livello  di
 retribuzione  con  appena i requisiti di sufficienza voluti dall'art.
 36 della  Costituzione,  ha  l'effetto  di  escludere  il  lavoratore
 dipendente  dal beneficio di rimanere nell'abitazione occupata per il
 tempo concesso ad altri - che si  trovano  in  condizioni  economiche
 sicuramente migliori - per cercare una nuova sistemazione.
    Nel  caso  del  lavoro  autonomo,  infatti,  allo  stesso  reddito
 imponibile di L. 18.000.000 corrisponde l'entrata e la disponibilita'
 immediata  di somme di gran lunga maggiori, non tutte necessariamente
 computate ai fini della determinazione dell'imponibile e delle  quali
 sicuramente   non   solo   L.  14.213.000  rimangono  destinate  alle
 necessita' di vita del percipiente.
    E'  facile  calcolare  che  in  un tipo di attivita' nella quale i
 costi siano pari al 50% dei  ricavi,  al  reddito  imponibile  di  L.
 18.000.000  corrisponde  il  ricavo  di  L. 36.000.000. Tale cifra e'
 minore o maggiore a seconda che il tipo di attivita'  comporti  costi
 minori o maggiori del 50% dei ricavi. Sta di fatto che nella forma di
 imposizione (ricavi meno costi) attraverso la quale  nelle  attivita'
 di  lavoro  autonomo  l'interessato  perviene alla determinazione del
 reddito da dichiarare quale  imponibile,  il  contribuente  entra  in
 possesso  e  amministra somme di importo anche notevolmente maggiore.
 Oltre a tale profonda diversita' c'e' anche il  fatto  che  la  somma
 denunciata  come  reddito  imponibile  e  che  risulta dalla gestione
 finale tra ricavi e spese e' sempre stata e rimane nel  possesso  del
 contribuente  nella  sua  interezza  sino  a  quando  non paghera' la
 relativa imposta. Il reddito  imponibile  del  lavoratore  dipendente
 rappresenta  solo  un'astratta  entita'  contabile:  la  somma da lui
 effettivamente  percepita  risulta   notevolmente   minore,   perche'
 depurata dell'imposta pagata alla fonte.
    Quanto  osservato  riguarda  l'ipotesi  - che ognuno puo' valutare
 quanto sia realistica - che la cifra dichiarata a  titolo  di  ricavi
 corrisponda sino all'ultima lira agli incassi effettivi (p.e. che non
 vi sia alcuna forma di destinazione di beni o ricavi dell'impresa  ad
 uso  personale  o  familiare  dell'imprenditore  o ad altre finalita'
 estranee all'esercizio  dell'impresa)  e  che,  parimenti,  le  cifre
 detratte a titolo di costi o spese non siano aumentate nemmeno di una
 lira, nonostante la  notevole  discrezionalita'  di  computo  che  le
 stesse  norme  tributarie  consentono,  prevedendo p.e. la voce degli
 "oneri e spese non documentati".
    Ogni  somma  o utilita' non computata nei ricavi ovvero portata in
 uscita con le spese, va ad aggiungersi - esente  da  imposte  -  alle
 somme che il lavoratore autonomo o l'imprenditore puo' destinare alle
 necessita' della vita.
    Da  facile  calcolo  risulta  che la modesta riduzione del 10% dei
 ricavi e l'aumento del 10% delle spese rappresenta  per  un'attivita'
 con i costi ammontanti al 50% dei ricavi, un ulteriore lucro di oltre
 L. 7.700.000 che porta a L. 21.680.000, di fronte a L. 14.213.000, la
 somma  che  -  a  parita' di reddito imponibile di L. 18.000.000 - il
 lavoratore autonomo puo' destinare alle necessita' della vita.
    Sicuramente  in  base  a  considerazioni  del  tipo  di quelle che
 precedono, il  legislatore  ha  previsto  -  a  fini  analoghi  -  la
 riduzione   del  60%  dei  redditi  da  lavoro  dipendente  (art.  2,
 quindicesimo comma, del medesimo testo legislativo  cui  appartengono
 le  norme  denunciate, nelle quali, inspiegabilmente, tale correttivo
 non e' contemplato).
    II-  b)  Gli  artt.  3 e 31 della Costituzione, dei quali potrebbe
 ravvisarsi violazione, dato l'uguale effetto preclusivo del limite di
 reddito,  indipendentemente  dal  fatto  che praticamente la medesima
 cifra sia destinata alle  necessita'  della  vita  di  una,  di  piu'
 persone,  o  addirittura  di  una famiglia numerosa. Anche qui appare
 inspiegabile la mancata introduzione di un  correttivo  del  tipo  di
 quello  previsto  nell'art. 2, quindicesimo comma, del medesimo testo
 legislativo.
    Tenuto   presente   che   il  limite  di  reddito  -  se  ritenuto
 costituzionalmente  legittimo  -  dovrebbe   esprimere   il   livello
 economico  minimo  compatibile con la previsione dell'acquisizione di
 un alloggio: che un'esistenza libera e dignitosa per se'  e  famiglia
 e'  esigenza  costituzionalmente garantita al lavoratore, ne discende
 che  la  composizione  della  famiglia,   comportando   esigenze   di
 disponibilita'  di  numero  di vani adeguato, comporta il conseguente
 modellamento del limite  monetario.  Pertanto,  al  limite  base  che
 dovrebbe  rappresentare  l'unita'  abitativa minima andrebbe aggiunta
 un'aliquota che rappresenti  la  necessita'  di  un  vano  aggiuntivo
 secondo la composizione del nucleo familiare.
    Considerato  che  il  procedimento  indicato  in epigrafe non puo'
 essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
 proposta  di  legittimita' costituzionale. Infatti, ritenuto operante
 il limite di reddito l'istanza va dichiarata  inammissibile,  con  la
 conseguente  esecutivita'  del  provvedimento  di rilascio dal giorno
 successivo alla data fissata ex art. 56, e cioe' dal 19 giugno  1988.
    Nel    caso    che,    invece,    la    sollevata   eccezione   di
 incostituzionalita' risultasse  fondata  dovrebbe  essere  nuovamente
 fissata l'esecuzione per la data del 12 giugno 1988.
    Appare evidente la rilevanza della decisione rimessa alla Corte.
    La esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili adibiti
 ad uso di abitazione e' sospesa, nel comune di  Milano,  fino  al  31
 dicembre  1988  (d.l.  8  febbraio  1988,  n.  26,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 8 aprile 1988, n. 108).
    In   caso   di  reiezione  della  sollevata  eccezione,  pertanto,
 l'esecuzione contro Parbotti potra' essere promossa  dal  1  gennaio
 1989;  in  caso  di  accoglimento, invece, non potra' essere promossa
 prima dell'11 giugno 1989.
    Non solo, ma nella prima ipotesi (reiezione) l'esecuzione, oltre a
 poter essere iniziata prima, necessariamente avrebbe svolgimento piu'
 rapido  in  relazione alla data piu' lontana di esecutorieta' ex art.
 56  (18  giugno  1988)  rispetto  a  quella  piu'  recente  di  nuova
 fissazione   (11   giugno   1989),  resa  possibile  nell'ipotesi  di
 accoglimento della proposta questione di costituzionalita'.
    Ritenuta la natura giurisdizionale del procedimento di graduazione
 (Cassazione ss.uu. 8 maggio 1976, n. 1610, e vista la sentenza  della
 Corte costituzionale n. 24 del 27 febbraio 1958);